Mappare gli oceani. Una sfida possibile.

15 Ottobre 2020

#newsdaglioceani

Gli oceani coprono più dei due terzi della Terra e sono fondamentali per la vita del pianeta: regolano il clima, assorbono i gas serra, ospitano tantissime forme di vita, vulcani e risorse minerarie. Eppure, li conosciamo meno di Marte e della Luna. Vi starete chiedendo: e allora Google Maps?

Le mappe di Google mostrano i fondali oceanici con una risoluzione molto approssimativa. Infatti, quelle immagini sono realizzate con i dati di satelliti che, sorvolando la Terra dallo spazio, misurano le variazioni della forza di gravità (e quindi la profondità del fondale).

A questo vuole rimediare Seabed 2030: il progetto per mappare tutti i fondali oceanici ad alta risoluzione entro 10 anni e rendere disponibili le informazioni raccolte a tutti.

Una sfida ambiziosa, lanciata nel 2017 alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Oceano.

La mappatura dei fondali oceanici, infatti, è importante per comprendere molte cose che ci riguardano direttamente: come gli effetti del riscaldamento globale, capire come si propagano gli tsunami, scoprire la presenza di vulcani sottomarini, osservare i movimenti delle correnti e quindi i cambiamenti climatici.

Restano da mappare ben 308 milioni di chilometri quadrati: una sfida senza precedenti.

Per farlo, ci vorrebbero fra i 3 e i 5 miliardi di dollari, ma ci sono alcune soluzioni per abbassare i costi. Per esempio, condividendo tutti i dati disponibili ed evitando così di mappare fondali già mappati da altri. Sembra ovvio, eppure gli scienziati sul progetto non hanno ancora accesso a tutte le informazioni. Ma come funziona il Seabed 2030? Una nave percorre avanti e indietro la superficie da mappare. Il sonar sotto lo scafo emette impulsi sonori e li usa per ricostruire il fondale, misurando quanto ci mette il segnale a rimbalzare e tornare indietro. Sembra semplice, ma per completare il progetto con una sola nave ci vorrebbero ben 970 anni. Per fortuna, gli Istituti Oceanografici di tutto il mondo possiedono insieme 700 sonar e se a questi si uniranno le rilevazioni delle società petrolifere e le flotte di pescherecci, l’obiettivo 2030 non sarà più così lontano.

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